Dodici anni senza Wojtyla l’amore del “gigante” della Chiesa per il Gran Sasso, la visita ad Assergi

 

 

 

 

Dodici anni senza Giovanni Paolo II. Ma sembra ieri. O meglio, sembra appena un attimo fa. Vero e proprio miracolo di “sopravvivenza”, anche se dopo di lui al soglio di Pietro sono stati eletti altri due pontefici, l’emerito Benedetto XVI e Francesco, il vescovo di Roma venuto dalla fine del mondo.


L’amore di Karol Wojtyla per il Gran Sasso è noto. Da quando nel 1978 fu eletto al soglio di Pietro le sue visite private nel luoghi più belli della montagna più alta dell’Appennino si sono contate a decine. C’è stato per sciare sulle piste di Campo Imperatore (ci sono foto e testimonianze che ne raccontano molti dettagli) o per passeggiare e sostare davanti «all’infinita bellezza del creato». Inoltre due visite ufficiali ebbero come meta il Gran Sasso: quella del 30 agosto del 1980 quando si recò nel cantiere del Traforo e quella del 20 giugno 1993 per inaugurare la chiesetta della Madonna della Neve restaurata dagli alpini.


Il sottoscritto (Antonio Giampaoli) lo ricorda bene quel 30 agosto del 1980. Ai tempi facevo l'operatore televisivo, e fu per me una doppia emozione immortalare con telecamera Papa Giovanni Paolo II in visita ad Assergi, a salutare gli operai che lavoravano al traforo del Gran Sasso.
GUARDA L’INTERVISTA AD ANTONIO GIAMPAOLI SU ABRUZZO24ORE
 

Assergi 30 Agosto 1980
Giovanni Paolo II incontra gli operai nel cantiere CO.GE.FAR
 
Il 1980 è l’anno in cui Giovanni Paolo II arriva per la prima volta in Abruzzo, all’Aquila in particolare, in visita ufficiale. Lo fa il 30 agosto del 1980. Il programma della visita prevedeva l’incontro con le maestranze del Traforo del Gran Sasso; l’incontro davanti al Santuario della Madonna di Roio (ora inagibile a causa del terremoto) con i giovani provenienti da tutto il mondo; la celebrazione del sesto centenario della nascita di San Bernardino da Siena, e l’omaggio a Celestino V, il Papa del Morrone che si dimise dopo sei mesi di pontificato.

 

 

 Ecco stralci del discorso che Giovanni Paolo II pronunciò al cantiere della Cogefar dove si stava completando la galleria del Gran Sasso:
 
'' Sono lieto di incontrarmi con voi in questo luogo ai piedi del Gran Sasso d’Italia, nel cuore di quell’appennino che costituisce - secondo la nota immagine - la spina dorsale dell’intera penisola italiana... Mi è ben noto chi siete voi, figli d’Abruzzo e del Molise! Dico la vostra tempra, la vostra probità, la saldezza che perdura in mezzo a voi dell’istituto familiare, e l’attaccamento all’avito costume che inconfondibilmente profila la vostra vita religiosa e civile.
Per questo, ho voluto il mio primo incontro con voi, proprio qui, presso il massiccio montuoso ed all’imbocco di questo traforo autostradale.... Carissimi, al solo nominare il Gran Sasso, si intendeva un tempo - ma ormai non più - una catena che “divideva“ la vostra nobile regione, secondo la classica ripartizione topografica ed amministrativa dell’Abruzzo citeriore e dell’Abruzzo ulteriore.
Grazie al lavoro umano, che appunto qui per non pochi anni si è svolto ed ha “trionfato” sulle più ardue difficoltà di origine geologica e tecnica, ormai la vecchia “divisione” può considerarsi superata; e non soltanto nel senso di poter avere presto collegamenti stradali via via più facili e spediti, ma in quello assai importante e, dal punto di vista etnico e etico, ben più significativo di un ulteriore processo nella conoscenza, negli scambi, nelle mutue relazioni di collaborazione tra le popolazioni di questa e delle adiacenti regioni.
Amici e fratelli che mi ascoltate! lo sono venuto in questo luogo per onorare e per celebrare il lavoro, e non già secondo il modulo di una generica e retorica esaltazione, ma nel suo effettivo valore, cioè nella sua capacità e nella sua “virtù” di trasformarsi in positivo contributo alla migliore comprensione ed al vero affratellamento degli uomini tra di loro''.


La “presenza”, non solo fisica, di papa Wojtyla in realtà non ha mai cessato di aleggiare dentro e fuori il Vaticano malgrado la sera del 2 aprile 2005 - alle ore 21,37 - il suo cuore cessò di battere dopo una lunga agonia trascorsa nella sua stanza nell’appartamento papale del Palazzo apostolico. Gli erano accanto in quel momento di addio i suoi più stretti ed amati collaboratori, a partire dal vescovo Stanislao Dziwicsz (attuale cardinale di Cracovia), da 40 anni suo segretario personale, a suor Tobiana, la religiosa polacca che lo aveva amorevolmente servito, al suo medico curante, l’archiatra pontificio Renato Buzzonetti, al quale spettò la triste incombenza di certificarne l’avvenuta morte. Lucido fino alla fine, prima di salutare e benedire tutti i presenti, con lo sguardo verso la finestra, Karol Wojtyla si rivolse in direzione delle migliaia di giovani radunati in piazza San Pietro dicendo con un fil di voce: «Vi ho sempre cercato, ora siete venuti a trovarmi». Poche commosse parole che poco dopo il portavoce Joaquin Navarro Valls riferì ai giornalisti arrivati da tutto il mondo per raccontare gli ultimi momenti della vita del papa che - a giudizio di credenti e non credenti, cattolici, cristiani e non cristiani, politici di tutti gli orientamenti, atei, agnostici - è stato uno dei principali protagonisti della scena internazionale negli anni a cavallo del 2000. Se non il protagonista assoluto, l’uomo e il sacerdote che aveva combattuto e vinto nazismo e comunismo, avversato ogni forma di totalitarismo, di ingiustizia sociale, di violenza, di sfruttamento; l’uomo di Dio, devotissimo alla Madonna alla quale dedicò il suo motto episcopale (Totus Tuus), che mettendo al centro la dignità dell’uomo, la pace, il dialogo, la fratellanza, aveva tra l’altro contribuito ad abbattere il Muro perché - aveva tante volte ribadito durante il suo lungo pontificato - l’Europa è composta da due polmoni, l’Est e l’Ovest, che vanno dagli Urali all’Atlantico. Un gigante della Chiesa legatissimo alla tradizione evangelica, che papa Ratzinger, prima, e papa Bergoglio, dopo, hanno in breve tempo elevato agli onori degli altari, beatificandolo il primo maggio 2011 e santificandolo il 27 aprile 2014. Un record che già si era materializzato il giorno dei funerali in piazza San Pietro davanti a 4 milioni di pellegrini in quanti lo invocarono «Santo subito!». Negli ultimi secoli nessun papa aveva bruciato le tappe della santificazione in soli 9 anni. Primo Papa di un Paese dell’Est, primo papa non italiano dopo 455 anni dall’elezione del fiammingo Adriano VI, Wojtyla - nato il 18 maggio 1920 a Wadowice (Polonia) - era stato eletto il 16 ottobre 1978, succedendo a Giovanni Paolo I (Albino Luciani) il Papa dei 33 giorni. Muore a 84 anni, dopo circa 27 anni di pontificato, il terzo della storia dopo Pio IX e San Pietro. Oggi sono dieci anni che ci ha lasciati, ma il suo pontificato continua in tutto ciò che ha fatto, detto e scritto in materia di difesa della dignità dell’uomo, di attenzione al genio femminile, alla famiglia, alla difesa della vita, al dialogo interreligioso. Il Papa rimasto intatto nell’immaginario collettivo anche per gesti di assoluta novità come la storica prima preghiera di Assisi nel 1986 con i leader delle maggiori confessioni religiose; o come l’altrettanto storica prima visita di un pontefice ad una Sinagoga, alla Comunità ebraica di Roma, dove definì gli ebrei «nostri fratelli maggiori».

 



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